Intervista a Raffaello Galiotto
Il designer vicentino tra gli esponenti contemporanei più visionari nel settore del design litico, parla del suo approccio al progetto, della sua passione per la pietra e del rapporto particolare con Lithos Design.
(Tratto da “Raffaello Galiotto. Design digitale e materialità litica” di Veronica Dal Buono, volume in uscita nell’aprile 2012, Collana Lithos, casa ed. Librìa)
Non solo pietra. I progetti firmati Raffaello Galiotto si contraddistinguono per forme e per materiali eterogenei. Qual è il metodo che ti consente di affrontare tipologie di realizzazioni così diverse?
R.G.: Personalmente cerco di affrontare ogni richiesta con curiosità e interesse sempre rinnovato e ciò mi porta a studiare, approfondire e capire di volta in volta i diversi problemi. Per me l’eterogeneità non è un disagio bensì un aspetto affascinante. A volte mi trovo a progettare articoli in plastica dove gli utenti finali sono gli animali domestici e contestualmente elementi d’arredo bagno in pietra per il mercato del lusso. Non mi sento di appartenere ad una categoria, forse la cosa che mi contraddistingue è la capacità di immedesimazione, ovvero di scoprire lati nascosti della mia stessa personalità; in ciò mi sento un po’ attore, perché no. L’importante è che ciò che si fa catturi l’interesse, l’emozione delle persone.
Quanta ricerca, dedizione e attenzione, richiede lo studio di una nuova linea di prodotti?
R.G.: È un impegno notevole che coinvolge tutti gli aspetti del processo creativo, produttivo, commerciale… ogni nuova linea è frutto di un attento esame sugli investimenti e sulle sue reali potenzialità commerciali. Alla fine comunque a decidere è la convinzione dell’imprenditore, è una questione, se si può dire, di “fiuto”. Non credo nei calcoli e nelle strategie estremamente pianificate. Ogni vera novità rompe gli schemi e fortunatamente sfugge alle previsioni del marketing.
Dai polimeri ai lapidei, dalla “materia d’invenzione” emblema della modernità, la plastica, a quello per eccellenza della “permanenza”, della “durata”, la pietra. Quali gli obiettivi che hai scelto di perseguire avvicinandoti al mondo dei lapidei e quali le opportunità prefigurate?
R.G.: Mi sono posto il traguardo affascinante di lavorare un materiale naturale, unico, non ripetibile. Ponendomi a confronto con una materia di tale indubbia importanza, fin dal primo momento è nato l’interesse a conoscerne la natura, comprenderne l’origine e l’eccezionalità; d’altra parte, nella consapevolezza del portato storico e culturale sotteso ad essa, ho cercato di conservare un atteggiamento di discrezione e riguardosa disciplina. Rispetto alle mie sperimentazioni precedenti vi è quindi una differenza enorme.
Pensando ai polimeri, si tratta di una famiglia di materiali che non hanno una tradizione remota e, artificiali per lo più, sono una continua e ineusaribile fonte di nuove possibilità plastico-formali; dall’altra parte invece la pietra, con una cultura figurativa millenaria alle spalle e una serie di caratteristiche dalle quali il progetto non può prescindere. Un approccio completamente diverso dove la materia gioca il ruolo della protagonista e attribuisce all’opera, in un certo senso, l’unicità. Quindi, nel design litico, alla industrializzabilità di serie si accompagna l’unicità del materiale, la venatura, l’intrusione, la stratificazione, la macchia di colore, elementi tante volte semplicisticamente considerati “difetti” ma che divengono in questo caso le caratteristiche espressive identitarie dell’opera stessa.
Oltre alla vicinanza logistica, quali interessi ti hanno avvicinato alle industrie del comparto lapideo?
R.G.: Mi ha sempre affascinato il marmo perché si relaziona per sua natura con un immenso orizzonte di forme accumulate nel tempo, legate alla cultura figurativa, alla scultura e all’architettura. È una materia straordinaria, irripetibile, matrice di capolavori assoluti. Per progettarla e lavorarla bisogna mantenere un atteggiamento diverso anche nella contemporaneità, direi propriamente di rispettoso “ossequio”. Rispetto ai materiali sintetici ha una nobiltà incomparabile. Originario della Valle del Chiampo come sono, non avrei potuto non tentare ripetutamente di propormi alle aziende di questo settore.
Tensione verso configurazioni formali che guardano alle forme della “natura” o a quelle del “classico”, al contempo uso di tecnologie produttive d’avanguardia: come si coniugano questi aspetti progettuali nella tua attività?
R.G.: Ben sappiamo quanto la bellezza classica sia ispirata alla natura, ciò che mi affascina maggiormente è il legame geometrico-matematico sottinteso a tali relazioni e ciò è senza tempo. È una sorta di ordine nascosto fondamentale. Forse è in questo che risiede il maggior margine di indagine possibile anche al presente, per la realizzazione di prodotti che rispondono anche al mercato contemporaneo.
L’eesperienza di collaborazione condotta con continuità con l’azienda Lithos Design ti ha visto approdare alla realizzazione di molteplici, originali e suggestive collezioni. In che modo tale relazione ha segnato e incide tuttora sul tuo percorso?
R.G.: Il design non è fatto solo da chi lo pensa ma anche da chi lo fa.La Lithos Design è una realtà che ha creduto subito nel design come strumento per l’innovazione e investe quindi con continuità in nuovi progetti. Questa avventura che prosegue ormai da diversi anni, ovviamente fa crescere anche me quale progettista: di volta in volta posso trarre esperienza dalle realizzazioni precedenti e dalle risposte del mercato.
Come si è costituito e come si articola nello specifico il dialogo tra Lithos Design committente-imprenditore e la figura di Raffaello Galiotto progettista-designer?
R.G.: Le aziende sono fatte dalle persone e sono il rispetto e la fiducia reciproca a consentire il funzionamento dei rapporti nonché a determinare il successo stesso dell’azienda. Con i fratelli Bevilacqua, Alberto e Claudio, ci si confronta abitualmente e passo a passo si individuano le strategie per il futuro. Non dimentichiamo che quasi sempre ogni prodotto comporta un investimento in macchinari specifici, possibilmente progettati ad hoc, condividendo i progetti fin dall’origine sulla carta, passando per molteplici prove grazie alla loro disponibilità.
Quando e come entrano le tematiche di sostenibilità ambientale nella tua ricerca?
R.G.: Il tema dell’ambiente è certo di grande attualità; purtroppo mi sembra che in alcuni casi sia tradotto solo in un’etichetta di facciata anche se attraverso di esso si giocherà comunque il nostro futuro. È un aspetto che va affrontato, al di là dei temporanei incentivi o slogan propagandistici.
In particolare nel progetto in materiali lapidei l’attenzione è sempre rivolta al materiale, non solo per la sua reperibilità particolare ma anche nella fase produttiva. La riduzione del materiale di scarto, sino al quasi annullamento dello stesso, è l’imperativo al quale vincolo sempre le forme del progetto.